domenica 3 maggio 2009

Profili di tutela dei minori immigrati

Convegno Nazionale
Società Ialiana Pedagogia Olistica
Cava dei Tirreni,24 Aprile 2009
”Oltre il sintomo: La persona.Pedagogia clinica e multidisciplinarietà”

Profili di tutela dei minori immigrati
di Mario Pavone
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La questione dei migranti è divenuta sempre più rilevante ngli ultimi anni nel contesto europeo e ciò ha reso imminente la necessità di strutturazione di un diritto comune europeo dell’immigrazione che possa dare direttive riguardanti la gestione e,soprattutto, la tutela dei diritti dei migranti e dell’apolide con particolare riguardo ai soggetti deboli come gli anziani,i disabili le donne ed i minori.

a.le migrazioni come risorsa per l’Europa

Merita,da subito,di essere ricordata l’importante affermazione con cui si apre il documento varato, di recente,dal Consiglio d’Europa sui temi dell’immigrazione ed asilo.
“Le migrazioni internazionali sono una realtà che persisterà in particolare finché resteranno i divari di ricchezza e di sviluppo tra le diverse regioni del mondo.
Possono rappresentare un’opportunità poiché sono un fattore di scambi umani ed economici e consentono inoltre alle persone di concretare le loro aspirazioni.
Possono contribuire in modo decisivo alla crescita economica dell’Unione europea e degli Stati membri che hanno bisogno di migranti a motivo della situazione del loro mercato del lavoro o della loro situazione demografica.
Infine, apportano risorse ai migranti e ai loro paesi d’origine, contribuendo in tal modo al loro sviluppo”.
Da più parti è stato sottolineato come,di fronte all’aumento degli immigrati,gli stati europei dovrebbero prendere misure di promozione del ritorno volontario più che varare misure coattive.
Inoltre,si sostiene che l’ordine di allontanamento dovrebbe essere perseguito solo in accordo con le leggi nazionali e non dovrebbe essere applicato se presente il rischio di violenze, torture o trattamenti inumani e degradanti nel paese di ritorno sia da parte del governo sia da parte di “non-state actors”.
Come conseguenza a tali affermazioni di princpio,il nuovo pacchetto di regole e procedure introdotto dalla UE con la Direttiva 115/2008,è basato sul pieno riconoscimento e rispetto dei fondamentali diritti umani e della dignità dei cittadini stranieri clandestini e/o irregolari ed in cui viene sottolineata l’importanza di tenere in debito conto dalla Autorità procedente al rimpatrio
• l'interesse superiore dei bambini,
• la vita familiare,
• le condizioni di salute del cittadino straniero soggetto a rimpatrio
• il principio del non-refoulement, cioè il divieto esplicito di espulsione e di rimpatrio di profughi verso i Paesi dove la loro vita o la loro libertà è in pericolo.
Appare,innanzitutto,indispensabile guardare all’interesse superiore dei bambini immigrati.

b.le politiche nazionali in tema di immigrazione ed asilo dei minori
Le politiche contemporanee riguardanti i minori stranieri sono regolate in parte dalle norme relative all’immigrazione e all’asilo emanate dai singoli Stati e in parte dalle norme relative ai diritti dei minori, tra le quali ha particolare rilevanza la Convenzione di New York sui diritti del fanciullo.
La Convenzione, recepita dal nostro ordinamento con valore di legge,riconosce a tutti i minori – compresi i minori stranieri, anche se irregolari – un’ampia sfera di diritti:
il diritto alla non discriminazione, alla protezione, a vivere con la propria famiglia, alla salute, all’istruzione, a un livello di vita sufficiente allo sviluppo del minore, a non essere detenuto se non come provvedimento di ultima risorsa e in strutture separate dagli adulti, alla partecipazione,ecc.
Tra i suoi principi generali, sia la Convenzione che la Direttiva UE 115/208 stabiliscono che tutte le politiche riguardanti i minori debbano fondarsi preminentemente sul principio del “superiore interesse del minore”.
Il fine primario da perseguire, dunque,è il bene del minore ed è questo che deve avere la priorità rispetto ad altri obiettivi quali,ad esempio,il contrasto dell’immigrazione clandestina.
In questo modo, le politiche riguardanti i minori stranieri vengono ad essere sottratte alle logiche di controllo e repressione che governano in generale le politiche migratorie varate dagli Stati.
Spesso,tuttavia, in violazione della Convenzione di New York, le norme e le prassi tendono a far prevalere la logica di controllo su quella del “superiore interesse del minore”.
Per rispettare gli impegni assunti a livello internazionale e le leggi vigenti nel nostro ordina mento è,quindi,necessario che le istituzioni italiane modifichino le norme che regolano lo status dei minori stranieri e le relative prassi in direzione di un’effettiva applicazione di tale principio e di una piena garanzia dei diritti riconosciuti dalla Convenzione sui diritti del fanciullo.
Invero,i minori stranieri che subiscono maggiori violazioni dei diritti sanciti dalla Convenzione di New York sono i minori entrati in Italia clandestinamente.

c. La individuazione di uno status dei minori irregolari e clandestini

Occorre,anzitutto,definire lo status dei minori irregolari e clandestini.
In generale,con il termine clandestini si intendono gli immigrati entrati illegalmente in Italia, mentre l'irregolarità fa riferimento ad una situazione sopravvenuta di perdita del permesso di soggiorno.
Uno degli argomenti più importanti è rappresentato dalla figura del minore straniero non accompagnato irregolarmente presente sul territorio italiano, non richiedente asilo o protezione umanitaria ed emigrato con il sostanziale consenso degli esercenti la potestà genitoriale o comunque non contro la loro volontà.
La questione del trattamento dei minori stranieri non accompagnati è una materia decisamente complessa,perché coesistono molteplici disposizioni disorganiche e in parte contrastanti tra loro, che danno luogo ad enormi difficoltà di orientamento e di conseguenza a prassi giudiziarie disparate tra loro.
Questi ragazzi immigrano sperando in una sopravvivenza decente, con il beneplacito ed il sacrificio ingente, (anche economico) dei loro genitori.
Se da una parte possono essere spinti da una smania consumistica, le ragioni del loro sradicamento sono da ricercare soprattutto nella necessità.
È possibile che qualcuno venga immediatamente attratto da modelli di vita illegali o se li sia già prefigurati prima di raggiungere il nostro paese; ma è più probabile che la maggior parte dei ragazzi stranieri che si rende colpevole di illeciti, lo sia a causa delle difficoltà, degli ostacoli e degli scarsi aiuti che riceve lungo il percorso di ricerca di un inserimento sociale decente e dignitoso: casa, scuola, lavoro, socializzazione, tutela dell'identità.
È rilevante in questo senso il regolamento 535/99, che definisce i compiti del Comitato per i minori, e,per la prima volta,dà una definizione precisa, di questa categoria riprendendo quella della Risoluzione del Consiglio dell'Unione Europea del 1997, si può dire che istituzionalizza questa categoria di minori.
Per quanto riguarda i bambini, al di sotto dei 14 anni di età, il fatto che siano soli in un paese straniero coincide di per sé almeno con la mancanza di assistenza, perché soggetti tanto immaturi hanno bisogno del genitore presente che stia con lui e a lui provveda.
Di qui la prassi di molti Tribunali per i minorenni di aprire la procedura per la dichiarazione di adottabilità, dopo le necessarie ricerche dei genitori o di altri parenti che si trovano all'estero. Questa disciplina non è però sempre applicabile all'adolescente minore straniero che rappre senta la fascia più numerosa presente in Italia.
• il minore non accompagnato giunto alla frontiera.
La normativa italiana prevede che sia respinto e rimpatriato senza nessun tipo di tutela.
Infatti il nostro ordinamento non prevede la possibilità per il minore di entrare nel territorio da solo per motivi di lavoro.
Se comunque il minore riesce ad entrare, eludendo i controlli alla frontiera, allora, data la sua posizione di minorenne potrà usufruire di tutta una serie di strumenti che potranno, almeno temporaneamente tutelarlo.
È prima di tutto dal dettato costituzionale che emerge la figura del minore non più destinatario di un generico favor imposto dall'alto, ma titolare di veri e propri diritti soggettivi, perfetti ed azionabili.
Nella Costituzione si rinvengono norme a tutela del minore sia tra i principi fondamentali, artt. 2, 3, sia nella parte relativa ai diritti e doveri dei cittadini, sia nel titolo riguardante i rapporti etico-sociali, artt. 29, 30, 31, e nella parte relativa ai rapporti economici, art. 37; tale complesso di norme tutela il minore come 'uomo',' cittadino', come 'figlio', come 'lavoratore' e mai come personalità da forgiare per renderla conforme ad una astratta morale di stato o della famiglia).
Dopo l'introduzione della legge Martelli che non affrontava se non marginalmente l'aspetto dei minori, è stata determinante la legge 27 maggio 1991 n. 176, che ha ratificato la Convenzione sui diritti dei fanciulli di New York del 1989, tale provvedimento è la più compiuta espressione normativa sui diritti del fanciullo e con i suoi 54 articoli, costituisce un documento complesso. La Convenzione rafforza, per ciò che concerne le modalità formative ed educative del minore, le norme sopra viste della Costituzione italiana, ponendo il superiore interesse del minore quale chiave di lettura circa la predisposizione delle misure da attuare nei suoi confronti.
L'art. 3 afferma che "l'interesse superiore del fanciullo" debba essere la prima considerazione, in tutte le decisioni che lo riguardano e da qualunque soggetto provengono, compresi gli organi legislativi, ribadendo l'importanza di "soddisfare le speciali e specifiche esigenze dell'infanzia e dell'adolescenza";rispetto ad altre esigenze in concorso, le esigenze del minore, potranno prevalere oppure no, ma dopo essere state oggetto di primaria considerazione.
L'art. 20 dichiara il diritto di ogni fanciullo, temporaneamente o definitivamente privato del suo ambiente familiare, ad una protezione e ad aiuti speciali dello stato di origine, e ove esso non li garantisca, alla protezione sostitutiva degli stati parti.
Tale assistenza può realizzarsi, continua l'articolo, attraverso l'affidamento, l'adozione o il collocamento in istituti di assistenza.
Tale visione sottolinea l'importanza di differenziare la posizione del minore straniero da quella dell'adulto, garantendo al minore un diritto all'educazione, formazione, crescita non speculare alla cittadinanza ma concepito come un diritto primario che da essa prescinde e che crea obblighi per lo stato nel cui territorio il minore si trova.
Nel successivo art. 22 si riafferma la priorità del diritto del minore che chiede 'rifugio' alla protezione e assistenza umanitaria nello stato di arrivo; quindi si impegnano gli stati parti ad attivarsi anche "per ricercare i genitori o altri familiari... al fine di ottenere le informazioni necessarie per ricongiungerlo alla sua famiglia".
In materia di protezione dei minori l'individuazione della legge applicabile e della autorità competente avviene in base all'art 42 della legge 31 maggio 1995 n. 218, Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato, con riferimento alla Convenzione dell'Aja del 5 ottobre 1961, resa esecutiva in Italia con legge 24 ottobre 1980, n.742
In base all'art. 1 di questa Convenzione le autorità, sia giudiziarie che amministrative, dello stato di residenza abituale di un minore sono competenti ad adottare misure tendenti alla protezione della sua persona e dei suoi beni.
Le autorità amministrative e giudiziarie dello stato di residenza abituale adottano le misure previste dalla loro legislazione interna, come stabilisce la Convenzione del 1961.
Per il minore, dunque, viene prevista una tutela 'forte', che non ammette alcuna distinzione 'per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere'.
Questo significa che al minore straniero in Italia si applicheranno le normali misure di protezione previste dalle nostre leggi.
• I minori non accompagnati clandestini
Iminori in una condizione particolarmente problematica sono i minori non accom pagnati, ovvero i minori immigrati in Italia senza i propri genitori.
1.Quali e quanti sono i minori non accompagnati
Vengono tecnicamente definiti “minori non accompagnati” i bambini che, come stabilisce il DPCM 535/99,vivono nel nostro Paese senza avere la cittadinanza italiana (o di altri stati dell’UE) e senza la presenza dei genitori o altri adulti che li assistano e ne siano formalmente responsabili.
Quello dei bambini stranieri soli è un fenomeno cresciuto in modo rilevante nel corso degli anni Novanta assieme all’immigrazione.
Al fine di quantificarlo e monitorarlo è stato istituito il “Comitato per i minori stranieri” (CMS), operativo ormai da dieci anni (art. 33 D.Lgs. n. 286, 25.07.1998).
Secondo i dati più aggiornati raccolti dal CMS, al primo gennaio 2008 i bambini stranieri extracomunitari soli risultano essere oltre 7.500.
Si tratta però di una sottostima,che risente della grande difficoltà sia di individuarne la pre senza sul suolo italiano (tche di solito entrano clandestinamente) sia di accertarne lo status una volta fermati, essendo la grande maggio ranza dei bambini soli sprovvista di documenti.
Save the Children,ad esempio, ha raccolto testimonianze di come in molti casi i minori immigrati al momento dell’identificazione dichiarino di essere maggiorenni sperando così di non essere trattenuti e di trovare poi più facilmente un lavoro.
Va poi considerato che dal primo gennaio 2007 i bambini rumeni e bulgari sono diventati comunitari e quindi non più di pertinenza del CMS, ma la problematicità della loro condizione non è certo risolta.
Al 31 dicembre 2006, quando ancora venivano registrati, i rumeni costituivano ben un terzo dei “minori non accompagnati”, risultando la comunità di gran lunga più rappresentata.
La problematicità dei minori di tale nazionalità appare del resto anche da altre fonti:
nel 2006, ad esempio, su 11.413 minorenni stranieri denunciati, il 38% era rumeno.
Seguivano, a distanza, i provenienti dal Marocco con il 14%(v http://giustiziaincifre.istat.it/).
Peraltro,la distribuzione dei bambini soli per cittadinanza al primo gennaio 2008 non riflette necessa riamente la gerarchia delle presenze straniere adulte.
Le più rappresentate sono soprattutto le provenienze da Palestina, Afghanistan e Iraq, nazionalità queste che non risultano tra le 15 comunità complessivamente più numerose in Italia. Un dato che suggerisce come il fenomeno abbia proprie caratteristiche specifiche.
Va in aggiunta considerato che tra i “minori non accompagnati” prevale ampiamente il sesso maschile (oltre il 90% dei casi), ed è comunque rilevante la quota dei più piccoli (gli under 15 sono un quarto del totale).
2.Cosa facciamo per loro?
Secondo una recente indagine dell’ANCI (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani), sono 1.110 i Comuni che tra il 2004 e il 2007 hanno preso in carico un minore straniero non accompagnato, concentrati soprattutto in Lazio, Emilia-Romagna e Lombardia.
Tra gli aspetti problematici messi in luce vi è l’elevato onere economico sul welfare locale (si stima un costo medio per Comune di circa 170 mila euro) e un quadro normativo definito “complicato e ambiguo”, che rende frammentata e molto diversificata la risposta che a questo delicato fenomeno viene data sul territorio nazionale.
Un ultimo dato che denota la poca efficacia delle misure adottate è anche il fatto che la grande maggioranza dei minori (oltre il 60%) fugge dalle strutture di prima accoglienza alle quali è affidato.
Nonostante quindi i progressi degli ultimi dieci anni, le misure di risposta a questo delicato e complesso fenomeno rimangono insoddisfacenti.
Allo stato attuale, una parte rilevante del fenomeno rimane invisibile, la maggioranza dei minori fermati fugge dai centri ospitanti, i costi per i Comuni sono considerati molto rilevanti, le modalità di azione sul territorio sono molto diversificate conseguenza di un quadro norma tivo poco chiaro.
Dal punto di vista delle risorse, la Legge Finanziaria 2008 del precedente Governo aveva aumentato il Fondo per l’inclusione sociale degli immigrati, che andava a beneficio anche dei minori non accompagnati.
Nel marzo 2008 la Corte Costituzionale (sentenza 50/2008), pur riconoscendone l’importanza e l’utilità, ha però dichiarato incostituzionale tale Fondo perché riguarda materie di competenza locale e non solo statale.
I Comuni dicono di sentirsi abbandonati a se stessi nell’affrontare questo problema e quando lo Stato se ne occupa si trova con le mani legate.
Nel frattempo si consolida il numero di minorenni stranieri ospitati dal sistema penitenziario italiano.
Se il peso degli stranieri sugli under 18 residenti è pari circa al 6%, sono invece di cittadinanza non italiana ben il 60% degli ingressi negli istituti penali per minori
http://www.giustizia.it/minori/
3.Quali sono i problemi del loro inserimento in Italia
Va innanzitutto sottolineato come le norme vigenti tendono ad ostacolare l’integrazione dei minori stranieri:
• il permesso di soggiorno “per minore età”, che viene rilasciato ai minori stranieri non accompagnati,attualmente non consente di esercitare attività lavorative e non può essere rinnovato al compimento dei 18 anni, se non quando sussistono determinate condizioni molto restrittive, con la conseguenza che la maggior parte di questi ragazzi dopo aver compiuto 18 anni, anche se hanno offerte di lavoro o frequentano la scuola, diventano clandestini passibili di espulsione.
• I minori stranieri non accompagnati si trovano così sempre più emarginati ed esposti ai rischi di sfruttamento nell’ambito del lavoro nero o in attività illegali.
E’ urgente che queste disposizioni, che violano palesemente il principio del “superiore interesse del minore”,vengano modificate, prevedendo che il permesso di soggiorno per minore età consenta di lavorare e possa essere in generale convertito, al compimento della maggiore età, in permesso per lavoro o per studio.
4.Il rimpatrio dei minori non accompagnati
Un problema ancora più rilevante è costituito dal rimpatrio.
I minori in generale non possono essere espulsi; tuttavia, può essere disposto il “rimpatrio assistito” del minore se un organo apposito, il Comitato per i minori stranieri, stabilisce che questo è nel “superiore interesse del minore”.
L’attuale orientamento del Comitato per i minori stranieri, però, è che tendenzialmente tutti i minori non accompagnati di cui si rintracci la famiglia nel paese d’origine dovrebbero essere rimpatriati, ad eccezione dei casi in cui questo comporti gravi rischi per il minore.
Nella maggior parte dei casi il rimpatrio viene eseguito coattivamente dalla Polizia, contro la volontà del minore e in genere anche contro la volontà dei genitori, con modalità molto simili ad un’espulsione e, per di più, senza che il minore abbia effettive possibilità di presentare ricor so.
Inoltre, per molti di questi minori il rimpatrio significa tornare in contesti molto poveri, in cui vi sono scarsissime opportunità di istruzione, di lavoro e di assistenza.
Questa prassi, dunque, non sembra rispondere effettivamente al “superiore interesse del minore”, quanto piuttosto all’esigenza di contrastare l’immigrazione irregolare di minori non accompagnati.
E’ necessario,quindi,che i criteri per decidere se un minore debba essere rimpatriato o restare in Italia siano modificati in modo da consentire una reale valutazione dell’interesse del minore, e quindi che il Comitato per i minori stranieri tenga in considerazione tra gli altri criteri, benché in modo non vincolante, anche l’opinione del minore, l’opinione dei suoi genitori e le condizioni economico-sociali del contesto d’origine.
Inoltre, è necessario che sia garantito al minore l’effettiva possibilità di presentare ricorso contro il provvedimento di rimpatrio.
La Direttiva 115/2008 ha introdotto alcune regole precise anche per l’allontanamento ed il rimpatrio dei minori non accompagnati.
Innanzi tutto dovrà essere fornita un'assistenza adeguata da parte di organismi appropriati diversi dalle autorità che eseguono il rimpatrio.
Inoltre lo Stato comunitario che effettua l’espulsione dovrà accertarsi che il bimbo sarà accom pagnato presso un membro della sua famiglia, un tutore designato o presso adeguate strutture di accoglienza nello Stato di rimpatrio.
• I minori irregolari
Oltre ai minori non accompagnati,vi sono poi i minori entrati irregolarmente in Italia insieme ai genitori o per ricongiungersi ad essi.
Nei casi in cui i genitori sono irregolari, la normativa vigente prevede che, in generale, il mino re accompagni i genitori in caso di loro espulsione: anche in questi casi, tuttavia, sarebbe necessaria una previa valutazione del “superiore interesse del minore”.
Inoltre, dovrebbe essere applicata in modo meno restrittivo la norma in base a cui il Tribunale per i minorenni può autorizzare l’ingresso o la permanenza del familiare per gravi motivi con nessi con lo sviluppo psicofisico del minore.
Nei casi in cui i genitori siano regolari, invece, il minore ricongiunto “di fatto” dovrebbe essere trattato come il minore ricongiuntosi regolarmente e quindi ottenere un permesso di soggiorno per motivi familiari: l’adozione di trattamenti più sfavorevoli quali il rilascio del permesso per minore età, come avviene presso alcune Questure, contrasta infatti con il principio del “superiore interesse del minore”.
Inoltre, per garantire il diritto dei minori a vivere con i propri genitori ed attuare il dettato della legge secondo cui in tutti i procedimenti relativi al ricongiungimento familiare si deve tenere conto di tale principio,nonché per ridurre il numero di minori ricongiuntisi irregolarmente, si dovrebbero rendere meno restrittive le condizioni per il ricongiungimento familiare (condizioni relative al reddito, all’alloggio ecc.) e rendere più rapide ed efficienti le relative pratiche burocratiche.
• i minori richiedenti l’asilo politico
Un’altra categoria di soggetti è costituita dai minori che chiedono l’asilo politico
Alcuni minori(accompagnati o non accompagnati) all’ingresso in Italia.presentano domanda di asilo.
A seguito alle nuove disposizioni introdotte dalla legge Bossi-Fini,è necessario che siano previste specifiche garanzie per i richiedenti asilo minorenni.
• In primo luogo, è necessario che si stabilisca che i minori non possono essere in alcun caso trattenuti nei centri di permanenza temporanea e assistenza, né, in generale, nei centri di identificazione (salvo il caso in cui la minore età sia palesemente in dubbio, e per il solo tempo necessario a verificarne l’età).
• In secondo luogo, deve essere chiarito che nei casi in cui la domanda di asilo venga rigettata, il minore non può comunque essere espulso e la decisione sulla sua permanenza in Italia deve fondarsi, come per tutti i minori, sulla valutazione del “superiore interesse del minore”.
Sul punto,merita di essere sottolineato che nel Dicembre del 2006 è stata emanata dal Gover no Prodi una importante Direttiva in tema di asilo politico per i minori che rafforza la presa in carico da parte delle istituzioni.
La direttiva "favorisce la presentazione della richiesta d´asilo e riduce i tempi d´attesa - per il suo affidamento ad un servizio appositamente dedicato - dall´arrivo del minore in Italia fino alla consegna della sua domanda d´asilo da parte del tutore".
L’obiettivo è quello di evitare che il ragazzo scappi e finisca nella rete dello sfrutta mento senza alcuna tutela giuridica ma, soprattutto, che diventi un invisibile".
All´arrivo in frontiera, il minore, dopo la presa in carico del giudice tutelare, il minore sarà subito affidato al Sistema Nazionale di Protezione per Richiedenti Asilo e non ad una struttura qualsiasi come accadeva in passato.
Il Sistema di Protezione, infatti, oltre ad avere una quota di posti che ogni anno vengono destinati alle categorie vulnerabili, ha competenza e formazione per seguire il minore aiutan dolo nella difficile fase di inserimento in un contesto culturale nuovo e diverso.
Inoltre la Direttiva stabilisce,all´art. 1,che al momento dell´arrivo siano subito date al minore tutte le informazioni necessarie sui suoi diritti e le opportunità legali esistenti laddove manifesti la volontà di chiedere asilo.
Finora il minore straniero non accompagnato, anche se richiedente asilo, veniva affidato dalla Questura all´Ente locale, in attesa che gli venisse nominato un tutore.
In principio era,quindi,accolto in una struttura genericamente individuata in base alla disponi bilità sul territorio e solo in un secondo momento era inserito nel Sistema di protezione nazio nale.
Si trattava di una fase delicata perché, in attesa della nomina di un tutore da parte del giudice tutelare e che il ragazzo fosse assegnato ad una struttura del Servizio di Protezione Nazionale, trascor revano alcuni mesi e spesso si verificava che il minore scappasse e faccesse perdere le sue trac ce.
La direttiva contribuisce,quindi,ad individuare percorsi e luoghi di aiuto ai minori stranieri, assi curando che i tempi di intervento in loro favore siano rapidi per fornirgli, così, la tutela di cui hanno bisogno.
La direttiva prevede che il minore solo venga informato subito della possibilità di presentare domanda d'asilo anche con l'aiuto di mediatori culturali, interpreti e opuscoli in lingua.
Se manifesta questa intenzione, la procedura di protezione parte immediatamente, prima che venga materialmente presentata la domanda.
La Questura affida infatti il ragazzo al Comune in cui si trova perché venga inserito nel Sistema centrale di protezione per richiedenti asilo e contemporaneamente informa Tribunale dei minorenni e il giudice tutelare perché venga nominato un tutore.
In questo modo il minore potrà essere seguito da subito dai servizi sociali fino alla presen tazione della richiesta d'asilo, grazie alla quale otterrà dalla Questura un permesso di soggiorno.
Naturalmente, se nel corso di questa procedura il tutore non conferma la domanda d'asilo, o questa viene rigettata dopo la presentazione,il ragazzo non viene abbandonato.
Pur uscendo dal sistema di protezione per richiedenti asilo è,infatti,affidato alle strutture che si occupano di minori stranieri non accompagnati.

d.le norme italiane in materia di protezione del minore.

Prima di tutto occorre che il minore straniero abbia ‘residenza abituale’ in Italia.
Atteso che la Convenzione dell’Aja del 1961 non contiene una definizione delle misure tendenti alla protezione del minore, né una elencazione esaustiva o indicativa,si debbano intendere icompresse nell’ambito della Convenzione: la tutela, artt. 343 e seguenti del codice civile, gli interventi urgenti di protezione della pubblica autorità, art. 403 codice civile,i provvedimenti giudiziari relativi all’esercizio della potestà genitoriale, infine artt. 330 e seguenti del codice civile, e altri ancora.
Sono inoltre applicati gli affidamenti eterofamiliari artt 2-5 della l. 184/83 sull’adozione e l’art 37che dichiara applicabile al minore straniero in condizione di abbandono in Italia la legge italiana in materia di adozione di affidamento e di provvedimenti necessari in caso di urgenza. Molto importante è anche l’art. 371 c.c. che demanda al Giudice Tutelare il compito di stabilire il luogo in cui il minore sottoposto a tutela deve vivere e che, rispetto ai minori stranieri non accompagnati è stato per analogia interpretato da alcune realtà locali, come attribuente all’autorità giudiziaria la valutazione dell’interesse o meno del minore a rimanere in Italia o ad essere rimpatriato.
Dall’esame della situazione del minore solo in Italia, emerge come negli anni successivi alla legge Martelli, la disciplina che si applicava a tali minori fosse complessa ed eterogenea.
In quegli anni, grazie all’intervento molto pressante dell’autorità giudiziaria, si ottenne che il nostro paese portasse l’attenzione sui minori stranieri in generale, al di là dell’esistenza sul nostro territorio di un genitore o di un familiare regolare.
Prendendo spunto dal complesso quadro normativo, dalla prassi giudiziaria così come dalle esperienze di collaborazione tra diversi contesti locali, nel corso del 1994, le autorità centrali del Ministero dell’Interno, di quello di Grazia e Giustizia e del Lavoro decisero di avviare una serie di incontri e discussioni che condussero all’emanazione di circolari. Si tentava così di regolamentare in modo uniforme sul territorio nazionale la questione del trattamento dei minori stranieri non accompagnati.
In base a tali circolari amministrative, all’autorità di polizia veniva sottratto ogni potere di determinazione sulla condizione ed il trattamento del minore, demandando all’autorità giudiziaria minorile il difficile e delicato compito di individuare la soluzione più confacente agli interessi supremi del minore richiamati dalla Convenzione Internazionale sui diritti del fanciullo.
Significativa in questo senso è la circolare n. 67 del 16 giugno 1994 del Ministero del Lavoro, grazie alla quale viene riconosciuto il diritto al lavoro del minore straniero ultra-quindicenne. Tale provvedimento stabiliva le condizioni e le procedure da seguire per l’accesso al lavoro di minori extracomunitari in stato di abbandono in Italia, prescindendo dalla iscrizione del minore stesso nelle liste di collocamento.
Venendo, poi incontro a ragioni di carattere umanitario, con una successiva circolare del 23 settembre 1995 del Ministero del Lavoro, si consentì la possibilità per il minore straniero non accompagnato e sottoposto a tutela, una volta raggiunta la maggiore età, di rimanere in Italia, usufruendo delle iscrizione alle liste di collocamento, alla pari degli altri cittadini stranieri regolarmente soggiornanti in Italia per motivi di lavoro anziché essere sottoposto al provvedimento espulsivo. Sebbene le autorità a livello locale applicassero spesso i provvedimenti amministrativi in maniera discrezionale e disomogenea, risulta dal quadro fatto, che in linea generale, erano state poste le basi nel trattamento dei minori non accompagnati per un superamento della logica delle espulsioni a favore di una logica alternativa di accoglienza ed integrazione. Vedremo più avanti come questo orientamento, troverà conferma con la L 40/98 ma non, almeno appare, con i decreti attuativi della legge stessa.

e.L’intervento della Giustizia minorile

Da questa analisi sembra che le soluzioni più opportune da adottare nei confronti del minore straniero non accompagnato, anche nel senso del rimpatrio o della sua permanenza in Italia, siano di competenza dell'Autorità Giudiziaria minorile.
Tale convinzione appare oggi messa in discussione per effetto di nuovi strumenti normativi, che dovrebbero trasferire la competenza all'autorità amministrativa; infatti tale materia pare ora sotto il controllo del Comitato per i minori stranieri istituito dalla legge n. 40/98, così come è stata modificata dal d.lgs. 113/99, al quale spetta adottare il provvedimento di rimpatrio del minore straniero non accompagnato, previo eventuale nulla osta del tribunale per i minorenni qualora sia instaurato un procedimento giurisdizionale nei suoi confronti.

f.L’accattonaggio minorile in Italia

Uno degli aspetti più frequenti in cui i minori che giungono in un paese europeo, come l’Italia, vengono sfruttati è l’accattonaggio.
Essa è una delle più antiche forme di profitto che vede l’impiego dei minori e una delle forme più vergognose in cui un bambino viene sfruttato.
Il triste fenomeno dell’accattonaggio minorile in Italia ha inizio verso la metà degli anni Ottanta e vede inizialmente l’utilizzo di minori slavi Rom e successivamente di bambini marocchini, impegnati a chiedere l’elemosina e a lavare i vetri delle auto ai semafori.
Oggi,accanto a queste 3-4.000 presenze, si sono aggiunti minori albanesi che sembrano far parte di un vero e proprio racket, dipendente da organizzazioni dedite all’immigrazione clande stina, e che si occupano di inserire questi minori in Italia.
Secondo l’Osservatorio sul lavoro minorile, in Italia, sono più di 8.000 i bambini, per lo più stranieri, sfruttati e costretti a mendicare dal racket; mentre, per il Dossier Fides, sarebbero circa 20.000 i piccoli accattoni presenti in Italia, di cui solo 8.000 popolerebbero la Regione Lazio.
Altre fonti, invece, sostengono che il fenomeno è troppo fluttuante per offrire stime scienti fiche,infatti,non esistono uffici pubblici, né del volontariato sociale, che riescano a quan tificare in maniera palmare l’accattonaggio in Italia.

g.le cause del fenomeno

Due sarebbero le cause legate all’inasprirsi di questo fenomeno.
• Innanzitutto, l’aumento dei flussi migratori verso l’Europa.
I principali paesi d’origine, infatti, dei flussi di tratta verso l’Italia per motivi di accattonaggio sono: Romania, Albania, Moldavia, Bulgaria e Marocco.
Moltissimi minori stranieri,poi,vengono abbandonati e di conseguenza sono facilmente preda di chi li intende sfruttare. Secondo il Dossier Fides, dal 2000 al 2005, sono stati identificati ben 50.000 minori stranieri abbandonati.I piccoli coinvolti sono: bambini di nazionalità romena (39%); marocchina (22%); albanese (15%); dell’Europa orientale e del Nord Africa (24%).
Nella maggior parte dei casi, si tratta di adolescenti al di sopra dei 15 anni (81%) e la loro presenza è più numerosa in Lombardia (23%) e nel Lazio (16%).
• La seconda causa, invece, riguarda gli elevati guadagni legati all’accattonaggio che porta il giro d’affari delle organizzazioni criminali a circa 500 milioni all’anno.
Infatti, ogni bambino può rendere circa 100 Euro al giorno.
I bambini impiegati possono essere sia piccolissimi come pure disabili.
In particolare,i minorenni di etnica albanese e rumena, vengono “affidati” dalle proprie famiglie a organizzazioni criminali, di origine balcanica,che si occupano della loro “collocazione” in Italia.
Così, nelle strade della capitale, si ritiene che i piccoli costretti all’accattonaggio, oscillino dai 300 ai 400 ed in prevalenza sono proprio stranieri.
Elevato, comunque, è anche il loro sfruttamento al Nord Italia, soprattutto, di bambini provenienti dalla Romania e dal Marocco.
In certi casi, poi, rimangono totalmente privi di istruzione, a meno che non frequentino regolar mente la scuola e vengano costretti a mendicare nel pomeriggio.
Di fatto,sono ridotti in schiavitù.
Secondo i dati forniti dal citato Dipartimento di Polizia criminale per i minori, a Latina, si è registrato un aumento sia delle denunce, che dei denunciati, pari al 200%; a Taranto del 1.500%; a Lecce dell’800%; a Ragusa del 600% e a Siracusa del 700%. Al contrario, nel Trentino Alto Adige, si è avuta una riduzione del 25%, in Liguria del 40%, in Calabria del 71,4%. Rimini, Teramo e Siena, invece, registrano un calo del 50%; e Terni e Benevento un -70-80%13.
L’azione di repressione contro gli sfruttatori, poi, non sempre si rivela adeguata.
Innanzitutto, i baby mendicanti vivono in un clima di omertà e di paura che rendere difficile
capire dove dormono, cosa mangiano, a chi sono affidati, quante ore vengono tenuti in strada,
nonché provare i maltrattamenti che subiscono.
Lo stesso inserimento dei minori in comunità, case di accoglienza e istituti minorili è reso difficoltoso dalla carenza di strutture e dall’ostilità delle famiglie di origine dei ragazzi, nonché di questi ultimi, restii ad adattarsi ad una vita regolata e organizzata, pronti ad allontanarsi dai luoghi di ricovero.
La mafia albanese è nota per la violenza esercitata sui bambini che vengono ceduti ai trafficanti dalle famiglie e diventano schiavi: sono malnutriti, vestiti di stracci e mandati a chiedere l’elemosina, per attirare la pietà della gente.
Se al termine della giornata non hanno raccolto il minimo previsto, sono intimoriti e percossi.
Spesso, per non incorrere in queste pene, la persona che usa il minore nell’accattonaggio non è un parente oppure lo si manda per strada da solo, minacciandolo di punizioni se non porta a casa i soldi.
Tali accorgimenti sono frequenti tra i nomadi e non sono purtroppo rari i casi in cui i bambini vengano appositamente storpiati per suscitare pietà.
Accade anche che i piccoli siano addirittura imbottiti di sedativi, affinché stiano buoni e tranquilli in braccio alle madri che chiedono l’elemosina sui marciapiedi.
Questi bambini maltrattati da grandi diverranno a loro volta “capetti”, ricreando il circolo dello sfruttamento.

h.le altre forme di sfruttamento e la giurisprudenza

Accanto all’attività di accattonaggio sono connesse altre attività delittuose a cui i minori sono obbligati: furti, spaccio di stupefacenti, sfruttamento sessuale; oltre al fatto che, i piccoli, sono forzati a vivere per strada, in stato di malnutrizione, costantemente soggetti a percosse se non guadagnano quanto imposto o non ubbidiscono ai loro sfruttatori.
Alcuni bambini invece vengono “trattati meglio”: sono quelli destinati ai pedofili.
La possibilità di un loro rimpatrio risulta spesso molto difficoltoso per la mancanza di documenti di identità, per l’ostilità da parte della famiglia d’origine ma soprattutto perché l’accattonaggio “rende” intorno alle ex 150.000 lire al giorno di cui buona parte va all’organizzazione, un’altra alla famiglia e circa ex 10.000 lire rimangono al minore.
Nel 1998, nella regione Lazio, sono state 4.523 le denunce di casi di sfruttamento minorile di diverso tipo (prostituzione, delinquenza, mendicità, etc.).
Ciò sottolinea la necessità, in tutta la nazione, di interventi mirati e definitivi nei confronti di questa forma di sfruttamento dei bambini, nel rispetto di tutti i diritti enunciati nella Convenzione ONU a favore dell’infanzia.
Una sentenza della Corte costituzionale del 1997 ha dichiarato che è lecito elemosinare e mendicare, ma è reato utilizzare a questo fine un minore di anni 14 (come ha ribadito una sentenza -forse la prima in Italia- nei confronti di una donna Rom, emessa dalla pretura di Terni).
Se il minore è sottoposto all’autorità o alla custodia di chi mendica, la pena prevede l’arresto da 3 mesi ad 1 anno. Se il fatto è commesso dal genitore, la condanna comporta la sospen sione dell’esercizio della potestà e può dar luogo all’apertura di un procedimento per l’adozione del minore (art. 671 del Codice Penale).
Di recente,La Suprema Corte ha attestato un duro colpo allo sfruttamento dei c.d. baby mendicanti affermando con chiarezza l’applicabilità del carcere preventivo per chi sfrutta i minori mandandoli sulla strada a chiedere l'elemosina.
Lo ha stabilito la Cassazione,sezione V penale, con Sentenza n. 43868 del 9 novembre 2005 - depositata il 1° dicembre 2005 (Presidente B. Foscarini, Relatore A. Alfonso)(1) che, nel confermare la custodia cautelare in carcere disposta dal GIP nei confronti di Robert M., 34enne indagato per avere sfruttato l'accatttonaggio di minorenni, ha chiarito che ''la finalità di sfruttamento non e' esclusa dall'eventualità che un margine degli introiti dell'accattonaggio vada a beneficio delle persone offese dal reato''.
La Suprema Corte, decidendo in relazione ad caso in cui era stato contestato all’imputato il reato di cui all’art. 600 c.p., per aver ridotto in schiavitù e sfruttato per l’accattonaggio dei minori e degli handicappati, ha affermato che la finalità di sfruttamento, che distingue il suddetto reato da altre forme illegali di inibizione della libertà personale, non è esclusa dall'eventualità che un margine degli introiti dell'accattonaggio vada a beneficio delle persone offese dal reato.
Determinante ai fini della decisione e' apparso,invece,lo stato di soggezione in cui queste ultime versino essendo sottoposte all'altrui potere di disposizione che si estrinseca nell'esigere, con violenza fisica o psichica, prestazioni sessuali o lavorative, accattonaggio o altri obblighi di fare.
Invano la difesa del Sig.Robert. M., per il quale il Tribunale della Liberta' di Firenze, nel marzo 2005, aveva disposto il carcere preventivo si e' rivolto alla Suprema Corte, sostenendo che non si poteva parlare di sfruttamento dal momento che i minorenni ''traevano utili dall'accat tonaggio''.
Sulla scorta delle suddette motivazioni la Suprema Corte ha,quindi,dichiarato 'inammissibile' il ricorso dell'uomo che resta dunque in carcere con l'accusa di avere sfruttato i baby mendicanti.
La decisione appare pienamente in linea con l’orientamento già espresso in materia della Suprema Corte che lo scorso anno,aveva confermato una sentenza in tema di abbandono di minori ad un anno e a due mesi di reclusione ad una zingara, Zumra H., colpevole di avere abbandonato i tre figli minori, con meno di 14 anni (uno aveva solo due anni), a chiedere l'elemosina sul marciapiede di via XX Settembre a Genova.
La donna,condannata dalla Corte d'appello di Genova, nel maggio 2003, aveva proposto ricorso in Cassazione chiedendo le attenuanti generiche.
La Quinta sezione penale,con sentenza n. 7556/05 aveva,invece, respinto il ricorso, sottolinenan do la legittimità della decisione dei giudici di merito che avevano rilevato ''la consapevolezza dell'imputata di avere abbandonato i tre figli'' e che ''la precocità dei bambini nomadi non si attaglia va ai soggetti passivi del reato, segnatamente al bimbo di due anni che, lasciato libero dai fratellini, non era in condizioni di provvedere a se stesso, girovagando a pochi passi dal passaggio continuo dei veicoli''.
Due sentenze lapidarie che fanno riflettere sulla condizione umana dei minori sfuttati agli angoli delle strade.
Il fenomeno più evidente di sfruttamento dei minori è rappresentato dai bambini che, soprattutto nella zona centrale o vicino alle stazioni, vendono ogni genere di mercanzia e che vengono definiti "baby mendicanti".
Spugnette,accendini e fazzolettini costituiscono la loro merce di scambio, venduta nei parcheggi o ai semafori: qualcuno compra, spesso vengono allontanati con fastidio, ma pochi si chiedono cosa ci facciano lì e chi li sfrutti ovvero denuncino alle Autorità l’illecito sfruttamento.
Da alcuni anni,ormai, gli investigatori delle varie Procure della Repubblica stanno cercando di scoprire chi siano gli adulti a capo di questa organizzazione.
Un lavoro di "intelligence", di indagine, difficile e faticoso: il reato ipotizzato è quello di "riduzione in schiavitù".
L'inchiesta non è facile anche per il clima di omertà e paura in cui vivono i bambini, soprattutto per provare i maltrattamenti che subiscono.

i.Conclusioni

Il traffico di esseri umani e' ormai un problema su scala mondiale che coinvolge ogni anno almeno 1.200.000 minori al di sotto dei 18 anni.
La ''materia prima'' si trova nei paesi poveri ed è costituita da una umanita' indifesa e tradita sfruttata da associazioni criminali e che costituisce gli schiavi del XXI secolo, un numero di ragazzi in aumento, soprattutto in alcune regioni del mondo.
Una rete di vendite e spostamenti che rende 1,2 miliardi di dollari l'anno, come altri tipi di traffici illeciti, dalle armi alla droga.
Occorre un maggior rispetto delle leggi, maggior controllo ed assistenza nei confronti delle fami glie disagiate ed una mirata informazione all’opinione pubblica sul fenomeno.
Chiedere elemosina significa stare per strada ogni giorno, non frequentare la scuola, non gioca re, non socializzare con altri coetanei.
Significa obbligare il bambino ad una vita che non gli appartiene e obbligarlo a non credere in un futuro migliore.
Significa annientare i suoi diritti.
La mendicità non è più considerata un atto illecito ma quando tocca i bambini essa diventa dolorosamente intollerabile.
I bambini mendicanti sui marciapiedi di città piccole e grandi non vanno a scuola, non giocano, dormono dove capita,vivono ai margini tra denutrizione, malattie, maltrattamenti, sfrutta mento.
Per questi bambini l'infanzia è un'esperienza breve e spesso crudele.
Di fronte a quelle mani tese che dicono “ho fame”, non rispondiamo con qualche spicciolo, per lavarci la coscienza: così facendo non li liberiamo certamente dalla schiavitù alla quale sono costretti, non li liberiamo da nulla.
Ricordiamoci allora che dietro a quelle mani ci sono organizzazioni criminali che li sfruttano dopo averli rapiti o comprati, riducendoli in schiavitù, annientandone la dignità.
Al posto del denaro diamo loro qualcosa da mangiare, non avremo così il “dubbio” di aver “contribuito” al racket dell’accattonaggio,che genera emarginazione.
Secondo l’ultimo Rapporto del Segretario Generale dell’ONU, presentato a New York e a Roma dall’Unicef e dall’Oms, la violenza sui minori è un fenomeno che accomuna tutti gli stati del mondo.
Almeno 54 mila minori sono stati, infatti, uccisi nel 2002; 223 mila costretti a rapporti sessuali o comunque a contatti fisici forzati; 218 milioni di bambini sono lavoratori, di cui 126 milioni coinvolti in attività rischiose, 5.7 in lavori forzati o imposti per estinguere il debito contratto; 1.8 milioni sono vittime del giro della prostituzione e della pornografia; 1.2 risultano essere vittime del traffico di esseri umani; e tra i 100 e 140 milioni di ragazze hanno subito una muti lazione genitale.
Tale violenza, spesso, rimane nascosta e socialmente accettata e per molti bambini è una routi ne.
Nella maggior delle volte è commessa da persone di cui i bambini si fidano e comprende la violenza fisica, psicologica, la discriminazione, l’abbandono e il maltrattamento.
La grande differenza tra maschi e femmine è che, i primi, sono più a rischio di violenze fisiche rispetto alle femmine, le quali sono invece più soggette a violenze sessuali, abbandono ed induzione della prostituzione.
Non esistono uffici pubblici né del volontariato sociale che riescano a quantificare in maniera palmare il fenomeno nel nostro paese.
L'unica certezza è sulla nazionalità: sono quasi tutti immigrati stranieri.
Difficile è anche scoprire quante ore i bambini vengono tenuti in strada,dove dormono,dove mangiano, a chi siano affidati.
Ma l'altro problema è rappresentato dalla scarsità di posti di ricovero per questi bambini che vengono strappati ai loro padroni.
Una questione che la legge non risolve, anche perché, minori di 14 anni, non possono essere espulsi.
Per poterli rimpatriare è necessario rintracciare i parenti nel paese di origine e, nel caso in cui siano consenzienti al ritorno del minore, affidarli a loro.
Risulta che molti bambini frequentino regolarmente la scuola e nel pomeriggio vendano spugnette e accendini per aiutare la famiglia rimasta nel Paese di origine.
Aiutare la famiglia è,quindi,uno dei motivi principali per il quale i bambini vivono situazioni di sfruttamento e schiavitù come nel caso di molti bambini della comunità cinese, che lavorano 12, 13 ore al giorno su una macchina per cucire, in laboratori semiclandestini dove cinesi sfruttano altri cinesi che, per emigrare devono farsi anticipare somme che poi dovranno restituire a parenti e amici che sono già qui.
Ma addossare la colpa di queste situazioni unicamente sulle spalle dei genitori o delle comu nità straniere sarebbe un errore.
Tali comportamenti sono tipici in presenza di un mercato selvaggio, basato unicamente sul prezzo come elemento di concorrenza.
E' il cosiddetto mercato globale che, organismi internazionali come l'Unicef, additano come fonte di sfruttamento e schiavitù.
In questo desolante scenario spesso il bambino viene reificato, ridotto ad una ''cosa'', a ''mer ce'', merce che e' per molti adulti - come riferisce il dossier della Fides, un buon affare e basta.
Dinanzi al dilagare del fenomeno,è giunto il momento per la istituzione in Italia di un Osservatorio Nazionale per i Minori Immigrati che, da una parte, affronti il problema della criminalità minorile straniera e dall’altro si occupi di apprestare gli strumenti di intervento in una materia così delicata che affligge la nostra società contemporanea.
Non bisogna dimenticare che i minori stranieri non accompagnati sono tre volte vulne rabili:
perché minori, stranieri e soli !...
Cava dei Tirreni, 24 Aprile 2009

** Presidente ANIMI Onlus