lunedì 3 novembre 2008

Il Patto Europeo sull'immigrazione e sull'asilo - Articolo di Mario Pavone

Il Patto europeo sull’immigrazione e sull’asilo

di Mario Pavone

“Le migrazioni internazionali sono una realtà che persisterà in particolare finché resteranno i divari di ricchezza e di sviluppo tra le diverse regioni del mondo.

Possono rappresentare un’opportunità poiché sono un fattore di scambi umani ed economici e consentono inoltre alle persone di concretare le loro aspirazioni.

Possono contribuire in modo decisivo alla crescita economica dell’Unione europea e degli Stati membri che hanno bisogno di migranti a motivo della situazione del loro mercato del lavoro o della loro situazione demografica.

Infine, apportano risorse ai migranti e ai loro paesi d’origine, contribuendo in tal modo al loro sviluppo”.

E’ con questa importante affermazione che si apre il documento varato dal Consiglio d’Europa sui temi dell’immigrazione ed asilo.

La questione dei migranti è andata sempre più affermandosi negli ultimi anni, nel contesto europeo, e ciò ha reso imminente la necessità di strutturazione di una normativa comunitaria e internazionale che possa dare direttive riguardanti la gestione e, soprattutto, la tutela dei diritti del migrante e dell’apolide. (1) Seppur dal secondo dopoguerra in poi si sia affrontato l’argomento attraverso la stipulazione di una serie d’accordi, si pongono ora nuove necessità date sia dalla situazione politica internazionale, che radicalizza la convivenza e la necessità di fuga e accoglienza, sia dalla scoperta di violazione dei diritti umani attuate nei paesi ospiti. In quest’ottica,il 9 maggio 2005 sono state adottate dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa venti linee guida su tutti gli stadi del procedimento di rimpatrio forzato.
L’iter per arrivare a delinearle è iniziato con la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo del 1948, nella quale, all’articolo 14, si trova scritto: “ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni”.
Il 28 luglio 1951 viene adottata la Convenzione delle Nazioni Unite relativa allo status dei rifugiati e viene istituito l’ACNUR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati); la definizione generale viene data proprio in quest’occasione riconoscendo i seguenti requisiti fondamentali al fine del riconoscimento dello status di rifugiato: la fuga dal proprio paese, il fondato timore di persecuzione, motivi specifici di persecuzione (razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale, opinioni politiche), impossibilità di avvalersi di protezione nel proprio paese di origine. Nella convenzione viene inoltre stabilito il fondamentale principio di non refoulement (art. 33) secondo il quale il rifugiato non può essere respinto o espulso verso paesi nei quali la sua liber tà e la sua vita sarebbero a rischio. La cooperazione europea in materia di immigrazione si delinea nella fase iniziale, a livello intergovernativo, ovvero in un ambito in cui il controllo giudiziario non è previsto.
Negli anni Settanta, gli stati europei decidono di percorrere insieme la strada della cooperazione intergovernativa dando vita a gruppi e laboratori dalla diversa competenza tematica, da cui scaturiscono gli Accordi di Schengen (firmati il 14 giugno del 1985) e la Convenzione di applicazione sottoscritta il 19 giugno 1990. I contenuti riguardano l’abolizione graduale dei controlli alle frontiere comuni, mediante l’adozione di misure volte a regolare la libera circolazione delle persone e si articolano in una serie di norme che stabiliscono le condizioni di ingresso nell’Area (art. 5), l’istituzione del visto uniforme per soggiorni di breve durata (art. 10), l’obbligo di lasciare “senza indugio” il territorio di uno dei Paesi dell’Area qualora non vi siano più le condizioni di soggiorno previste (art. 23).
La Convenzione istituisce, inoltre, il “Sistema d’Informazione Schengen”(SIS): un archivio comune contenente informazioni relative a persone che assumono importanza per il controllo delle frontiere e per la cooperazione di polizia nel settore della criminalità (art. 92). Con il Trattato di Amsterdam del 1997 si determina una definitiva “comunitarizzazione” della materia.
Infatti,con l’adozione del trattato (entrato in vigore il 1 maggio 1999) avviene un sensibile mutamento nel quadro europeo in materia di immigrazione soprattutto per un cambiamento di priorità, in quanto rientrano nelle competenze degli organi della comunità europea diverse materie: - il controllo delle frontiere; - il rilascio dei visti; - la circolazione dei cittadini di Paesi terzi all’interno del territorio comunitario (art. 62); - le misure in materia di asilo (competenza ad esaminare le domande di asilo, norme minime sull’accoglienza dei richiedenti asilo, - l’attribuzione della qualifica di rifugiato, - la concessione o revoca dello status di rifugiato); - le misure applicabili a rifugiati e sfollati (protezione temporanea, equilibrio degli sforzi fra gli Stati che ricevono i rifugiati e sfollati) (art. 63, n. 1 e n. 2) - le misure in materia di politica di immigrazione (condizioni di ingresso e soggiorno, rila scio di visti a lungo termine e di permessi di soggiorno, compresi quello per ricongiungi mento familiare); - l’immigrazione e il soggiorno irregolare compreso il rimpatrio degli irregolari (art. 63, n. 3)
Su questa strada di tutela e accoglienza iniziatasi a tracciare nel 1951, possiamo porre le venti linee guida su tutti gli stadi del procedimento di rimpatrio forzato adottate dal Comitato dei Mi nistri del Consiglio d’ Europa il 9 maggio 2005.
Le nuove linee guida richiamano i diritti tutelati dalla Convenzione europea per la protezione dei diritti umani e le libertà fondamentali e contengono cinque capitoli - Voluntary return, - The removal order, - Detention pending removal, - Readmission, - Forced removals riguardanti i vari aspetti del rinvio forzato. In particolare un capitolo è dedicato alla detenzione in attesa dell’allontanamento in cui sono indicate, tra l’altro, le circostanze in cui la detenzione può essere ordinata e le condizioni minime di detenzione.
Va sottolineato che lo stato ospite dovrebbe prendere misure di promozione del ritorno volontario più che coattivo; l’ordine di allontanamento dovrebbe essere perseguito solo in accordo con le leggi nazionali e non dovrebbe essere applicato se presente il rischio di violenze, torture o trattamenti inumani e degradanti nel paese di ritorno sia da parte del governo sia da parte di “non-state actors”.
Al fine di verificare l’ assoluta assenza di pericolo nel paese di ritorno, dovrebbero essere valu tate e prese in considerazione le informazioni provenienti da tutte le fonti, governative e non, e dall’UNHCR, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati. Non dovrebbe inoltre essere portato a termine un’ordinanza di rimpatrio se lo stato in cui il migrante deve far ritorno rifiuterà il rientro del migrante stesso. E’,in ogni caso,proibita l’espulsione collettiva e la mancata adempienza dell’analisi individuale dei diversi casi. Merita attenzione,in particolare,il terzo capitolo riguarda le modalità di detenzione dopo che è stato dato l’ordine di rimpatrio. - La persona detenuta dovrebbe, innanzitutto, essere informata in una lingua che conosce e dovrebbe avere la possibilità di contattare giudici e avvocati (2). - La detenzione dovrebbe essere più breve possibile e rispettosa dei diritti umani. - Il personale presente all’interno dei luoghi detenzione dovrebbe essere altamente qualificato e in grado di affrontare la situazione specifica.
Le persone trattenute, inoltre, - dovrebbero ricevere degna assistenza medica e ascolto psicologico e non dovrebbero essere detenute insieme a ordinary prisoners; - dovrebbero avere libero accesso ad avvocati, ONG e familiari.
I centri di detenzione dovrebbero essere costantemente monitorati da enti esterni e l’accesso dovrebbe essere liberamente consentito a membri dell’UNHCR, del parlamento europeo e altri soggetti qualificati. Tali linee guida finora sono state ampiamente disattese dall’Italia anche dal recente DL sulla sicurezza(3) che ha istituito i CIE(Centro di identificazione ed espulsione) in luogo dei famigerati CPT(4). Secondo alcuni, tali centri costituiscono veri e propri lager all’interno dei quali gratuiti atti di violenza sono compiuti senza il rispetto della normativa internazionale sui diritti umani.
Amnesty International, l’ Unhcr e il Parlamento Europeo hanno espresso serie preoccupazioni a seguito di segnalazioni di persone che all’interno di queste strutture hanno potuto verificare di persona - aggressioni fisiche da parte di agenti di pubblica sicurezza e del personale di sorveglianza; - l’utilizzo di un eccessivo uso di sedativi; - condizioni di vita non conformi alle norme igieniche; - un’insufficiente assistenza sanitaria; - difficoltà di accesso alla consulenza legale necessaria a contestare la propria detenzione e il decreto di espulsione - difficoltà di accesso alla procedura per il riconoscimento dello status di rifugiato,con conse guente rinvio in Paesi in cui si rischiano gravi violazioni dei diritti umani (5).
Le nuove linee guida adottate dal Consiglio d’Europa dovrebbero portare,quindi,ad una maggiore tutela dei diritti dei migranti,rifugiati o richiedenti asilo detenuti nei Centri di Identificazione,ma queste in realtà non hanno funzione coattiva ma servono unicamente ad orientare le scelte del legislatore nazionale che può però, in sostanza, disattenderle senza incorrere in particolari sanzioni.
Il Consiglio d’Europa,nel riportarsi alle linee guide varate nel dicembre del 2005, ribadisce la convinzione che le questioni migratorie costituiscono parte integrante delle relazioni esterne dell’Unione e che una gestione armoniosa ed efficace delle migrazioni deve essere globale e pertanto riguardare nel contempo l’organizzazione della migrazione legale e la lotta contro l’immigrazione clandestina come mezzi per favorire le sinergie tra le migrazioni e lo sviluppo.
È convinto che l’approccio globale in materia di migrazione abbia senso solo nel quadro di uno stretto partenariato tra i paesi di origine, transito e destinazione. Il CdE sottolinea,in apertura,come negli ultimi cinquanta anni il progetto politico e di civiltà sul quale si basano la creazione e l’approfondimento dell’Unione europea ha consentito progressi significativi.
Uno dei risultati più ragguardevoli di questa impresa è la costituzione di un vasto spazio di libera circolazione che comprende oggi la maggior parte del territorio europeo. Questo sviluppo ha permesso un ampliamento senza precedenti delle libertà sia per i cittadini europei che per i cittadini dei paesi terzi che circolano liberamente in questo territorio comune. Esso rappresenta altresì un importante fattore di crescita e prosperità. L’ampliamento recente e futuro dello spazio Schengen consolida ulteriormente la libera circo lazione delle persone. L’Unione europea non dispone tuttavia dei mezzi per accogliere degnamente tutti i migranti che sperano di trovarvi una vita migliore.
Un’immigrazione mal controllata può pregiudicare la coesione sociale dei paesi di destinazione. L’organizzazione dell’immigrazione deve pertanto tener conto delle capacità d’accoglienza dell’Europa sul piano del mercato del lavoro, degli alloggi, dei servizi sanitari, scolastici e sociali nonché proteggere i migranti dal rischio di sfruttamento da parte di reti criminali.
D’altro canto la creazione di uno spazio comune di libera circolazione pone gli Stati membri di fronte a nuove sfide. Il comportamento di uno Stato può avere ripercussioni sugli interessi degli altri. L’accesso al territorio di uno Stato membro può essere seguito dall’accesso al territorio di altri Stati membri. È pertanto imperativo che ciascuno Stato membro tenga conto degli interessi dei partner nel definire e attuare le proprie politiche di immigrazione, integrazione e asilo.
Fedele ai valori che dall’origine hanno costantemente ispirato il progetto europeo e le politiche attuate, il Consiglio europeo ribadisce solennemente che le politiche migratorie e d’asilo devono essere conformi alle norme del diritto internazionale e in particolare a quelle relative ai diritti dell’uomo, alla dignità della persona umana e ai rifugiati. Tuttavia,nonostante i reali progressi compiuti verso una politica comune in materia di immigra zione e di asilo, il CdE ritiene che siano necessari ulteriori passi avanti.
Il Consiglio europeo assume pertanto cinque impegni fondamentali la cui concretizzazione sarà proseguita, in particolare, nell’ambito del programma che farà seguito nel 2010 al programma dell’Aia: organizzare l’immigrazione legale tenendo conto delle priorità, delle esigenze e delle capacità d’accoglienza stabilite da ciascuno Stato membro e favorire l’integrazione; combattere l’immigrazione clandestina, in particolare assicurando il ritorno nel loro paese di origine o in un paese di transito, degli stranieri in posizione irregolare; rafforzare l’efficacia dei controlli alle frontiere; costruire un’Europa dell’asilo; creare un partenariato globale con i paesi di origine e di transito che favorisca le sinergie tra le migrazioni e lo sviluppo.
I) In ordine al primo punto,il CdE ritiene che l’immigrazione legale debba essere il risultato di una duplice volontà, quella del migrante e quella del paese ospitante, a un fine di reciproco vantaggio. Ricorda che spetta a ciascuno Stato membro decidere le condizioni di ammissione sul suo territorio dei migranti legali e fissarne, se del caso, il numero. L’attuazione dei contingenti che ne possono risultare potrebbe essere effettuata in partenariato con i paesi di origine.
Il Consiglio europeo chiede agli Stati membri di attuare una politica d’immigrazione scelta, in particolare in funzione dell’insieme delle esigenze del mercato del lavoro, e concertata, tenendo conto dell’impatto che essa può avere sugli altri Stati membri. Infine, sottolinea l’importanza di adottare una politica che consenta un equo trattamento dei migranti e l’integrazione armoniosa degli stessi nella società del paese ospitante.
II) Inoltre ribadisce la propria determinazione a combattere l’immigrazione clandestina e ricorda il proprio impegno all’applicazione effettiva di tre principi fondamentali: - il rafforzamento della cooperazione degli Stati membri e della Commissione con i paesi di origine e di transito per combattere l’immigrazione clandestina. - gli stranieri in posizione irregolare nel territorio degli Stati membri devono lasciare tale territorio. - ciascuno Stato membro si impegna ad assicurare l’applicazione effettiva di questo principio nel rispetto del diritto e della dignità delle persone interessate, privilegiando il rimpatrio volontario, e riconosce le decisioni in materia di rimpatrio adottate da un altro Stato membro; - tutti gli Stati hanno l’obbligo di riammettere i loro cittadini che sono in posizione irregolare nel territorio di un altro Stato.
III) Circa il secondo punto,il Consiglio europeo ricorda che il controllo delle frontiere esterne spetta a ciascuno Stato membro per la parte di frontiera che gli è propria. Questo controllo, che dà accesso a uno spazio comune di libera circolazione, è esercitato in uno spirito di corresponsabilità, per conto dell’insieme degli Stati membri. Le condizioni di rilascio dei visti prima della frontiera esterna devono fare pienamente parte della gestione integrata di quest’ultima. Gli Stati membri esposti, per la loro situazione geografica, a un afflusso di immigranti o che dispongono di mezzi limitati devono poter contare sulla solidarietà effettiva dell’Unione europea.
IV) E ancora. Sul quarto punto il Consiglio europeo ribadisce solennemente che ogni straniero perseguitato ha il diritto di ottenere assistenza e protezione nel territorio dell’Unione europea in applicazione della Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 relativa allo status dei rifugiati, modificata dal Protocollo di New York del 31 gennaio 1967, e degli altri trattati ad essa correlati. Il Consiglio europeo si compiace dei progressi compiuti in questi ultimi anni, grazie all’attua zione di norme minime comuni, per l’istituzione del sistema europeo comune di asilo. Rileva tuttavia che sussistono forti divergenze tra gli Stati membri per quanto riguarda la concessione della protezione e le forme di quest’ultima.
Pur ricordando che la concessione della protezione e in particolare dello status di rifugiato rientra nella competenza di ciascuno Stato membro, il Consiglio europeo ritiene che sia giunto il momento di prendere ulteriori iniziative per completare l’istituzione, prevista dal programma dell’Aia, del sistema europeo comune di asilo e fornire in tal modo, come proposto dalla Commissione nel suo piano strategico sull’asilo, un livello di protezione più elevato.
È opportuno, in questa nuova fase, mantenere un intenso dialogo con l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Infine, il Consiglio europeo sottolinea che il necessario rafforzamento dei controlli alle frontiere europee non deve impedire l’accesso ai sistemi di protezione da parte delle persone che hanno diritto di beneficiarne. V In relazione al quinto punto,il CdE ,ricordando le sue conclusioni del dicembre 2005, del dicembre 2006 e del giugno 2007, riafferma il suo impegno a favore dell’approccio globale in materia di migrazione che ha ispirato le conferenze euroafricane di Rabat e Tripoli nel 2006 e il vertice euroafricano di Lisbona nel 2007.
È convinto che tale approccio, che riguarda nel contempo l’organizzazione della migrazione legale, la lotta contro l’immigrazione clandestina e le sinergie tra le migrazioni e lo sviluppo a beneficio di tutti i paesi interessati e degli stessi migranti, sia un approccio molto pertinente tanto a est quanto a sud. La migrazione deve diventare una componente importante delle relazioni esterne degli Stati membri e dell’Unione; ciò presuppone che si tenga conto, nelle relazioni con ciascun paese terzo, della qualità del dialogo in atto con esso sulle questioni migratorie.
Su queste basi, il Consiglio europeo si impegna a sostenere lo sviluppo dei paesi interessati e a costruire con tali paesi uno stretto partenariato che favorisca le sinergie tra le migrazioni e lo sviluppo. Ha affermato,di recente,il Commissario Frattini "Non si può sperare che le pressioni migratorie sulle nostre frontiere sud diminuiscano in un prossimo futuro", dal momento che "i dati demo grafici mostrano che le migrazioni aumenteranno": La pressione aumenterà - ha precisato Frattini, già Commissario UE alla giustizia, libertà e sicurezza - perché "la popolazione dei 50 paesi meno sviluppati raddoppierà da 800 milioni di abitanti del 2007 a 1,7 miliardi nel 2050".
Il ministro degli Interni tedesco Wolfgang Schauble ha aggiunto: "in questa primavera - ha detto Schauble - ci troveremo di fronte a flussi migratori aumentati attraverso il Mediterraneo verso l'Europa, con tutti i rischi che questo comporta per la vita delle persone. E',pertanto,di capitale importanza una stretta cooperazione sui problemi di immigrazione con i paesi di origine e di transito lungo le frontiere est e sud dell'Unione europea".
Ostuni, Novembre 2008
Presidente ANIMI

NOTE (1) v.Volterra-Le direttive europee in tema di immigrazione,in Altalex.it (2) v.Pavone –L’accertamento della conoscenza della lingua onere del giudice (3) v. Legge n.173 del 2008 (4) v. sull’argomento Pavone – Unione Europea e sistema informativo Schengen,in Altalex.it (5) v. sull’argomento,Pavone –Il divieto di espulsione per omosessualità,in Altalex.it